L’associazione agricola Confagricoltura prende posizione a favore del circo: «Nessun animale del circo si può definire selvatico: sono tutti nati e vissuti in cattività da molte generazioni e mediamente sono molto più longevi di quelli davvero selvatici»
«Il lavoro con gli animali ha accompagnato la storia dell’umanità … da Abele in poi. Un’alleanza basata sul vantaggio reciproco nel contrasto all’inclemenza della natura, una responsabilità che la nostra specie si è assunta nei confronti della altre e che si è manifestata in forme e finalità diverse». È questa consapevolezza che ha spinto il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini, insieme al past president Michele Lodigiani, a fare visita al Circo “Rolando Orfei”, in questi giorni a Piacenza, per conoscere meglio il “dietro le quinte” di questa realtà.
L’incontro con Jones e Francesca Coda Prin, gestori del circo ed eredi di una famiglia circense di tradizione secolare, è stato molto interessante e assai caloroso e ha messo in luce i numerosi punti di contatto – in termini di passione, valori e problemi – che questa tipo di impresa condivide con quella zootecnica. «Le aziende circensi – rileva Confagri – sono per lo più a carattere familiare – anche perché assai più che in altri settori il “know how” si trasmette da una generazione all’altra – il che non ha impedito loro di affermarsi anche al di fuori dei confini nazionali e di generare un indotto importante nelle tecniche di allestimento delle infrastrutture che ha fatto scuola nel mondo».
«Come la zootecnia – dichiara Gasparini dopo aver visitato il piccolo zoo del circo – anche l’arte circense è sempre più messa sul banco degli imputati sulla base di pregiudizi ideologici che con la realtà hanno poco a che fare. Come nelle nostre stalle abbiamo visto qui animali in piena salute, confinati in spazi adeguati e rispettosi del loro benessere; come noi gli imprenditori del circo sono perseguitati da una burocrazia soffocante, spesso finalizzata ad impedire l’attività più che a regolarla».
Jonas Coda Prin ci racconta di alcune episodi, a volte anche violenti, di cui il suo circo è stato fatto oggetto. «Si tratta di minoranze – precisa – ma che evidentemente trovano qualche ascolto se ad ogni piazza riceviamo ripetute visite di enti di controllo sulla base di denunce di cittadini qualunque. In effetti ci sono leggende metropolitane dure a morire. Non è certo maltrattando gli animali che si potrebbero insegnare loro le abilità esibite in pista. Al contrario: occorre un forte rapporto affettivo per ottenere da essi quanto gli si chiede (come sa, o dovrebbe sapere, chiunque possegga anche solo un cane)».
Sarebbe per altro autolesionista non curarsi di chi costituisce il proprio mezzo di sostentamento. Jonas precisa: «Nessun animale del circo si può definire selvatico: sono tutti nati e vissuti in cattività da molte generazioni e mediamente sono molto più longevi di quelli davvero selvatici».
«Una realtà – conclude Confagricoltura – insomma assai diversa dalla “narrazione” corrente, con buona pace di quegli amministratori comunali che, con afflato bipartisan, hanno ritenuto di dover esprimere rammarico per l’arrivo del circo a Piacenza. Un’opinione rispettabilissima, se espressa in quanto cittadini; nel loro ruolo di amministratori tuttavia sarebbe stato preferibile che rispettassero la legge, disattesa da molti decenni, che impone la disponibilità in ogni comune di un’area pubblica attrezzata per gli spettacoli viaggianti: forse il loro contributo al benessere degli animali del circo e a quello di chi vi lavora ne risulterebbe più incisivo».
Da Il Piacenza del 14/04/2022